Insieme alla Sezione europea dell’ONG Friends of the Earth, ho iniziato ad occuparmi delle conseguenze ambientali delle attività estrattive poste in essere da ENI-Agip nel delta del fiume Niger.
Tale attività viene eseguita di concerto con una ONG locale denominata ERA, Environmental Right Action.
Sono stati selezionati il caso di una comunità che ha dovuto sopportare gli effetti dello sversamento di petrolio da parte di una condotta obsoleta (riconosciuta tale anche da ENI) e quello – molto grave – della pratica del gas flaring. Questa consiste nel bruciare a cielo aperto il gas associato all’estrazione del petrolio, gas che potrebbe essere “catturato” e commercializzato, o che potrebbe essere iniettato nuovamente nel terreno se gli impianti fossero dotati della tecnologia adatta. Bruciando il gas, si sprigionano nell’ambiente sostanze nocive quali il benzene, la diossina, sulfuri. Si stima che sino agli anni 2000 tutto il gas bruciato in Nigeria avrebbe potuto, se commercializzato, generare per il governo nigeriano un utile di 70 miliardi di dollari.
In entrambi i casi, il soggetto responsabile è la società italiana ENI, che in Nigeria opera mediante una società di diritto nigeriano (la NAOC, Nigerian Agip oil Company), controllata da una società di diritto olandese a sua volta controllata da ENI.
Il primo caso, come detto, riguarda l’inquinamento di terre private e comunitarie dovuto alla fuoriuscita del petrolio da una condotta obsoleta. ENI non è intervenuta a bonificare il sito, né a risarcire i danni.
Nel secondo caso, ENI ha installato diversi siti per bruciare il gas, a volte all’interno di villaggi. La pratica di gas flaring è stata dichiarata illegittima in Nigeria in virtù di una legge del 1979, secondo la quale tale pratica non sarebbe stata più consentita dopo il 1/1/84. La Corte Federale di Benin City nel 2005 ha condannato la Shell ha fermare tale pratica, così come la Commissione Africana per i Diritti dell’Uomo e dei Popoli ha nel 2002 condannato il governo nigeriano perché consente ancora che le società petrolifere utilizzino tale pratica.
Nonostante una norma interna chiara, e nonostante pronunce contrarie sia di corti nazionali che internazionali, le società petrolifere – tra cui ENI – continuano a bruciare il gas.
Allego un report relativo a tale pratica illegittima
– Avv. Luca Saltalamacchia