Siamo in piena crisi climatica. Gli impatti del cambiamento climatico sono gravissimi e sono sotto gli occhi di tutti. Ma è possibile stimare anche in termini economici qual è il costo del cambiamento climatico?
Sul punto, sono stati pubblicati una serie di studi relativi sia ai danni sinora provocati dal cambiamento climatico, sia ai possibili costi futuri. Questi studi, si badi bene, sono solo in parte comparabili, perché non tutti partono dalle medesime premesse: alcuni di essi fanno riferimento solo ad una particolare categoria di danni (ad esempio, quelli derivanti da dissesto idrogeologico), altri a periodi temporali diversi.
Dunque, non sono dati completi e soprattutto non facilmente sovrapponibili, ma sono comunque utili per avere una idea di cosa stiamo parlando.
Iniziamo esaminando alcuni dati che ci vengono da documenti internazionali.
Secondo una stima di Moody’s (https://www.moodysanalytics.com/-/media/article/2019/economic-implications-of-climate-change.pdf), se la temperatura media globale dovesse salire di +1,5° C al di sopra dei livelli preindustriali (attualmente siamo a circa +1,1° C), il costo per l’economia globale sarebbe di 54 trilioni di dollari entro il 2100 (un trilione, nelle scale anglosassoni, vale 1.000 miliardi). Nell’ipotesi in cui il riscaldamento si attesti su +2° C, il costo potrebbe raggiungere 69 trilioni di dollari.
Passando più specificamente alle stime economiche che riguardano l’Italia, secondo il report “Climate change, impacts and vulnerability in Europe” del 2016 (https://www.eea.europa.eu/publications/climate-change-impacts-and-vulnerability-2016), redatto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (European Environment Agency, EEA), nel periodo 1980-2013 le perdite ed i danni economicamente rilevabili causati dal cambiamento climatico ammonterebbero, per il nostro Paese, ad € 59.624.000.000,00 (pag. 197). Questi dati non sono fermi al 2013, ma non ve ne sono di più recenti.
Un calcolo più aggiornato è stato comunque presentato nel report “Climate Risk Index” redatto nel dicembre 2019 dalla ONG tedesca Germanwatch (https://germanwatch.org/sites/germanwatch.org/files/20-2-01e%20Global%20Climate%20Risk%20Index%202020_14.pdf).
L’Italia viene classificata – secondo i dati relativi al ventennio dal 1999 al 2018 – alle seguenti posizioni di rischio:
– è il sesto paese al mondo per vittime provocate da eventi climatici estremi;
– è il diciottesimo per numero di perdite economiche pro capite.
I dati raccolti da Germanwatch sono estremamente preoccupanti: dal 1999 al 2018 tutti gli eventi meteorologici estremi in Italia hanno provocato perdite economiche quantificate in quasi 33 miliardi di dollari.
Questi dati non sono molto diversi da quelli raccolti da organizzazioni italiane. Secondo quanto accertato dall’associazione ambientalista Legambiente nel report “SOS Acqua Nubifragi, siccità, ondate di calore: le città e i territori alla sfida del Clima”, pubblicato nel 2018 (https://cittaclima.it/wp-content/uploads/2018/06/SOS-Acqua-Rapporto-2018-2.pdf), “sono 61,5 i miliardi di euro spesi tra il 1944 ed il 2012 solo per i danni provocati dagli eventi estremi nel territorio italiano. Secondo i dati di “Italia sicura”, l’Italia è tra i primi Paesi al mondo per risarcimenti e riparazioni di danni da eventi di dissesto: dal 1945 l’Italia paga in media circa 3.5 miliardi all’anno. Dal 1950 ad oggi abbiamo contato 5.459 vittime in oltre 4.000 eventi tra frane e alluvioni” (pag. 9).
Legambiente ha poi aggiornato il suddetto report pubblicando in data 19/11/19 lo studio “Il clima è già cambiato” (https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2019/11/Il-Clima-e%CC%80-gia%CC%80-cambiato-2019.pdf) nel quale vengono citati i seguenti dati:
- “su dati del Ministero dell’Ambiente, sono stati spesi 75,9 miliardi di euro dal 1944 al 2018 per far fronte ai danni provocati dagli eventi estremi nel territorio italiano… Dal 2013 ad oggi sono stati aperti 92 stati di emergenza a seguito di eventi alluvionali, per un danno totale rilevato di circa 11,42 miliardi di euro”;
- “se guardiamo alla spesa realizzata in questi anni per gli interventi programmati di messa in sicurezza e prevenzione emerge come dal 1998 al 2018 siano stati 5.661 gli interventi programmati lungo tutta la penisola per un importo di oltre 5,6 miliardi di euro (Fonte Ispra, piattaforma Rendis), con una media di 266 milioni di Euro l’anno, in un rapporto di 1 a 4 tra spese per la prevenzione e quelle per riparare i danni”.
Lo studio giustamente punta il dito sul fatto che in Italia, un paese così vulnerabile alle conseguenze del cambiamento climatico, non esiste il “Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici”, che pure doveva essere approvato, essendo parte del pacchetto di documenti necessari ed obbligatori a seguito all’Accordo di Parigi sul clima.
Uno studio dell’ANBI (Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue) pubblicato nel 2016 fa il punto sui costi correlati al dissesto idrogeologico del territorio italiano (https://www.anbi.it/art/articoli/1174-presentato-il-report-anbi-manutenzione-italia-azioni-per-ita).
Secondo questo studio, tali costi ammontavano mediamente a circa 2,5 miliardi di euro l’anno, ma si precisa che la cifra è destinata ad aumentare nei prossimi decenni. Parallelamente, anche i costi legati al contenimento degli incendi ed alla messa in sicurezza dei territori a rischio sono destinati ad aumentare.
Un altro studio, pubblicato dalla Coldiretti nell’agosto 2017, mostra che il cambiamento climatico dal 2007 al 2017 ha provocato in Italia danni alle coltivazioni per 14 miliardi di euro (http://giovanimpresa.coldiretti.it/pubblicazioni/attualita/pub/agricoltura-e-clima-dagli-eventi-estremi-danni-per-14-miliardi-in-10-anni/).
Fin qui, alcuni dati legati a ciò che è accaduto sinora. E per il futuro, quali sono le proiezioni?
Un recente studio (pubblicato nel novembre 2019) realizzato dalla Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) nell’ambito del Rapporto sullo stato della Green Economy (http://www.statigenerali.org/cms/wp-content/uploads/2019/11/Relazione_sullo_stato_della_green_economy_2019.pdf) ha provato a quantificare, per effetto di recenti stime, l’impatto economico che il cambiamento climatico avrà sul nostro paese nei prossimi anni.
Si legge a pag. 14 del report che: “i risultati del rapporto dimostrano chiaramente come gli impatti economici del clima siano molto più significativi di quanto precedentemente calcolato. A livello globale, gli ultimi studi prevedono che a +3° C di aumento di temperatura (siamo già oggi a +1° C) si associno perdite di Pil mondiali tra il 15 e il 60%. Le nuove analisi per l’Italia mostrano perdite di Pil di oltre l’8% nella seconda metà del secolo: le nostre stime sono oltre sette volte superiori a quelle precedentemente effettuate”.
Secondo gli autori del report, nel prossimo futuro vi sarà in Italia una riduzione del PIL pro capite:
– entro il 2050, pari al 3,7%,
– entro il 2080, pari all’8,5% (circa 130-140 miliardi di euro).
Ma questo non è l’unico problema collegato agli impatti economici del cambiamento climatico. La Fondazione CMCC individua anche un altro aspetto: “il riscaldamento globale non solo rallenterà la crescita, ma aumenterà le disuguaglianze economiche. Già oggi, un quarto della disuguaglianza globale tra Paesi è stato attribuito al cambiamento climatico.
Stime prevedono che i danni economici nel sud Europa saranno otto volte maggiori di quelli del nord. Per l’Italia, le aree del Paese più calde, che sono anche quelle tipicamente più povere, risentiranno molto di più dell’innalzamento delle temperature. I nostri calcoli basati su una metodologia innovativa nel campo dell’analisi degli impatti economici del cambiamento climatico che analizza la relazione storica fra temperatura e crescita economica usando dati a elevata risoluzione spaziale, applicata qui per la prima volta al caso italiano, suggeriscono un aumento della disuguaglianza regionale in Italia del 60% nella seconda metà del secolo. L’aumentata iniquità causata dal cambiamento climatico si aggiunge ai trend correnti di concentrazione della ricchezza e al cronico gap nord-sud”.
Quanto sopra è stato ben sintetizzato nella seguente tabella, che evidenzia gli impatti economici su base regionale (quelli previsti per l’anno 2050 sono a sinistra, quelli per l’anno 2080 a destra):
Nel settembre 2020 è stato pubblicato il rapporto “Analisi del Rischio. I cambiamenti climatici in Italia”, realizzato sempre dalla Fondazione CMCC (https://www.cmcc.it/it/analisi-del-rischio-i-cambiamenti-climatici-in-italia). Dall’analisi dello stesso, si evince che le politiche di contrasto al cambiamento climatico non possono essere più considerate una mera questione “ambientale”, ma piuttosto riguardano la promozione della qualità della vita e la sostenibilità dello sviluppo sociale ed economico.
I costi degli impatti dei cambiamenti climatici in Italia aumentano rapidamente e in modo esponenziale al crescere dell’innalzamento della temperatura nei diversi scenari, con valori compresi tra lo 0,5% e l’8% del Pil a fine secolo. Essi, inoltre, riguarderanno tutti i settori produttivi, come sintetizzato dalla seguente tabella:
In tale quadro, resta comunque confermato che i cambiamenti climatici aumentano la disuguaglianza economica tra le varie regioni, a discapito delle regioni del Mezzogiorno.
Articolo pubblicato su https://www.lefrivista.it/